74/100 - 'Taj Mahal' (Chiavari - GE): Nuova gestione, buona gestione
Potrebbe sembrare bizzarro gestire un ristorante indiano in una delle patrie della buona cucina mediterranea, la Liguria. Un azzardo, quantomeno. Ma tra una focaccia e una trofia al pesto c'è chi si stanca e anela sapori speziati...
Eccoci quindi al Taj Mahal, avamposto della cucina del Punjab nei caruggi di Chiavari, dove il profumo del basilico si confonde con quello del curry e dove il forno a legna è sostituito dal tandoor.
Un locale ameno all'interno di un palazzo antico le cui losanghe e alti soffitti ben si prestano a ricreare un'atmosfera esotica da Gran Tour ottocentesco.
Gli affabili
padroni di casa - lui, statuario indiano che sembra uscito da un set
di Bollywood e lei, elegante indigena dai modi professionali, da sommelier - ci
fanno accomodare e scegliere un tavolo che sarà defilato dagli altri
avventori.
Ci tengono a sottolineare che la gestione è recentemente cambiata. Vogliono dare un colpo di spugna al passato, che pare non essere stato esattamente memorabile. Tra l'altro, gli odierni gestori hanno anche un altro 'Taj Mahal' a Milano.
Il Papad (o Papadam) che viene servito nell'attesa (ma è mai possibile che non esista un altro stuzzichino in tutta l'India??), sottile e croccante sfoglia di farina di ceci, è stranamente piacevole, sembra fatto da loro, non dozzinale da supermercato. Viene accompagnato da una fresca salsa allo yogurt e menta e da una composta al tamarindo (buona).
Ci tengono a sottolineare che la gestione è recentemente cambiata. Vogliono dare un colpo di spugna al passato, che pare non essere stato esattamente memorabile. Tra l'altro, gli odierni gestori hanno anche un altro 'Taj Mahal' a Milano.
Il Papad (o Papadam) che viene servito nell'attesa (ma è mai possibile che non esista un altro stuzzichino in tutta l'India??), sottile e croccante sfoglia di farina di ceci, è stranamente piacevole, sembra fatto da loro, non dozzinale da supermercato. Viene accompagnato da una fresca salsa allo yogurt e menta e da una composta al tamarindo (buona).
Saltiamo
gli antipasti, memori di altre ignobili esperienze in cui i samosa
surgelati la fan da padroni. Optiamo quindi per un classico chicken
tikka masala ed un vegetarian punjabi, piatto che unisce la purea di
lenticchie rosa allo stufato di verdure al curry.
I piatti
ci son piaciuti, definiti nel sapore, speziati il giusto per i palati
'occidentali'. Devo dire che si può migliorare l'aspetto, in quanto
il servizio su piatto unico di ceramica bianca fa molto 'menu fisso
di mezzogiorno'.
Menzione d'onore per l'ottimo naan (pane indiano) in accompagnamento: servito come dio comanda nel contenitore che ne conserva la fragranza.
Chiudiamo con due dolci che, contrariamente alle aspettative, sono deliziosi, nonostante la pasticceria indiana non ci abbia mai entusiasmato. Ottimo, in particolare, il budino di riso al profumo di rosa (kheer), non stucchevole.
Ma anche i Gulab Jamun sono sopra le righe.
Il nostro ospitale maitre ci omaggia di due shots di rhum indiano, alquanto gradevole.
A parte
qualche aspetto migliorabile, la nostra cena è stata piacevole ed il
cibo ben preparato. Spiccano la professionalità e l'attenzione
nell'accoglienza; siamo sulla buona strada per il successo.
Locale
ed ambientazione: 75/100 – orientaleggiante ma non pacchiano, tavolini un po'troppo vicini
Servizio: 85/100 – iper professionali e disponibili, solo un po'lento sul finale
Mise
en place, coperto: 70/100 – classico, il papad è discreto
Chicken Tikka Masala: 75/100 – tenero il pollo
Punjabi Veg Mix: 70/100 - equilibrato nelle spezie
Dolci: 70/100 - sinceri
Il conto:
Coperto: 2 euro a testa
Il conto:
Coperto: 2 euro a testa
Acqua 0.75l: 3 euro (!)
Birra Indiana 66 cl: 5,50 uro
Chicken Tikka: 11 euro
Veg Punjabi: 10 euro
Naan: 3,50 euro
Dolci (2) euro 9,90
Totale euro 46,90 poi scontato a 45.-
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