78/100 - 'Taverna di Arlecchino' (Oneta - BG): Semplicemente squisito

Talvolta capita di dover condividere il tavolo con uno sconosciuto al ristorante. A me la cosa non pesa, anzi, spesso trovo che questa 'forzatura sociale' sia un ritorno al passato, dove in trattoria c'erano due/tre tavolacci e ci si sistemava dove capitava. Oggi questo facebook del pasto lo si vive solo nelle feste di paese, quando si condivide lo spazio intorno a sé con perfetti sconosciuti, spesso chiassosi, ma questa è un'altra storia.

Alla Taverna di Arlecchino ci si arriva attraverso una tortuosa strada priva di protezioni, sopra l'abitato di San Giovanni Bianco. E'nella frazione di Oneta, magnifico e sottovalutato gioiello di borgo medievale bergamasco, dove il tempo sembra essersi fermato proprio al tempo di Arlecchino che qui pare abbia avuto i natali. Peccato per la improbabile bandiera americana che campeggia sulla prima casa del paese, feticcio mistificante di un sogno avulso dal contesto agreste e puro di questo angolo di Lombardia.


Ebbene, all'arrivo la gentile ostessa ci riferisce garbatamente che il locale è al completo. Il locale ha pochi coperti, ed è prevista una tavolata di milanesi in trasferta. Ce ne andiamo con la coda tra le gambe, consapevoli che una chiamata avrebbe fatto solo che bene. A metà della collinetta dove avevamo lasciato l'auto veniamo richiamati a gran voce 'Ragazzi, il tavolo c'è perchè un avventore si è offerto di condividerlo con voi...'. Ecco il restroscena.

Veniamo al sodo. Il locale è molto semplice ed occupa una taverna ricavata da un palazzo antico adiacente il Museo di Arlecchino. Tovaglioli di carta, piatti semplici, i bicchieri colorati sono l'unica nota ricercata.

Ma qui ciò che vale davvero è il cibo. Pietanze lineari, materia prima del luogo (presidi Slow Food), sapienza in cucina.

Partiamo con un tagliere misto della Taverna, con salumi selezionati con attenzione, un assaggio di formaggi (poco!) e un paio di sottoli. Ciò che apprezziamo maggiormente è lo splendido cestino del pane, anzi, dei pani, viste le diverse tipologie proposte, tutte fatte in casa: pan brioche alle noci, pane nero di segale, bocconcini al rosmarino, un tripudio insomma.


I primi sono sensazionali. Abbiamo mangiato i migliori gnocchi mai provati finora. Conditi con il fantastico Strachitunt, uno strabiliante formaggio recentemente Dop, hanno una consistenza morbida e al contempo compatta.


Ottimi anche i ravioli ripieni di carciofi e caprino, in cui l'ortaggio domina incontrastato sugli altri ingredienti.


Come secondo ci concediamo i bocconcini di vitello ai funghi con polenta taragna; carne tenerissima nonostante il taglio grossolano, funghi saporiti, polenta filante... insomma un piatto buono, pieno, finalmente bergamasco nella sua essenzialità ma non pesante nel sapore.


L'unica perplessità del menù l'abbiamo avuta nella proposta dei dolci, manca infatti un dolce da forno ma predominano i semifreddi ed i dolci al cucchiaio. Optiamo per una crema catalana peraltro buonissima e vellutata, forse un po' inusuale per un ristorante tipico.


Il verbo adatto per questo ristorante è 'godere'. Una cucina appunto goduriosa, ricca, tradizionale, accurata. Non è un ristorante assolutamente economico, i secondi a 13 euro parlano chiaro. Certo, la qualità della proposta giustifica qualche euro in più. Ci torneremo con molto piacere.


Locale ed ambientazione: 70/100 – suggestivo il palazzo, ma mobilia e pavimenti anni '70
Servizio: 75/100 – onesto, cordiale, solerte
Mise en place, coperto: 80/100 – tanti tipi di pane fatto in casa, non si paga il coperto
Antipasto (tagliere): 70/100 - ci vuole più... formaggio
Ravioli: 85/100 – davvero buoni
Gnocchi: 90/100 – strepitosi
Spezzatino con polenta: 85/100 – morbido, polenta ottima. un po'caro.
Dolce: 70/100 - ok, ma poca scelta. caro.

Il conto:
1/2 vino della casa euro 5.-
tagliere: 8,50
2 primi: euro 18.-
1 secondo: euro 13.-
contorno (polenta): euro 5.-
dessert: euro 6,50
2 caffè: euro 2.-

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