71/100 - 'Alle due Corti' (Lecce) - sentirsi come a casa
Ai margini di questa sempiterna estate ormai ottobrina, ci concediamo una-settimana-una nello splendido Salento, terra du sule, du mare e du ientu. Una finis terrae fiera ed orgogliosa, brulla e assolata, così diversa dal resto della penisola e financo dal resto della Puglia, tanto da legittimare l'afflato per la Repubblica Salentina che qui vorrebbero istutuire. Tanto gremita e violentata dalla gente del Nord d'estate, quanto desolata e vivibile fuori stagione, la terra salentina offre una gastronomia semplice e terrona nel senso più puro del termine. Noi non ci siamo fatti pregare e quindi eccoci a raccontare la nostra esperienza 'Alle due Corti', locale appena defilato dai principali monumenti della Lecce barocca. E'un lunedì, ma il locale è pieno zeppo di turisti di ogni dove, americani compresi. Cosa non fanno le guide...
Seduti in una saletta dalle belle volte in pietra e calce bianca, sfogliamo i tre menu: 1 cibo, 2 vino e 3 conserve e preparazioni della cuoca-guru Rosalba de Carlo, una sorta di dea ex machina la cui presenza sembra aleggiare sui coperti della trattoria.
Lei, gran Maestra della cucina salentina, promulgatrice della veracità autoctona, difenditrice delle Cicureddhe e dei Turcinieddhi, non disdegna le aule d'università nè l'e-commerce con l'oltreoceano, infatti c'è una linea 'alle due corti' con proditti acquistabili online.
Bello il menu scritto in salentino, lingua tanto arcana quanto affascinante, ovviamente tradotto in inglese e non in italiano, quasi a dire: al di là del Salento c'è il mondo intero.
Insomma, le proposte sono talmente consoni al nostro palato che ci vien difficile la scelta. Principiamo con Li Fritti te l'Uertu, piatto che nel menu compare con il simbolo del copyright, ma sarà per la ricetta o per la definizione? Hanno depositato davvero il marchio? Mah.
Bene, a detta della mia compagna che Salentina è, un fritto con i coglioni, così croccante che un fagiolino tira l'altro, che con gli anelli di cipolla ci si farebbe una infinita catena, che il raro finocchio sa proprio di orto anzi, d'uertu. Il fritto va via a brani dal piatto condiviso, senza transitare nei nostri piattini ma tutto con le dita, tant'è buono.
Via con i primi, qui abbiamo provato: Ricciareddhe cu li pummitori scattariciati. Anche qui le ricciareddhe son protette da Copyright. Si tratta di pasta tipo reginelle, spesse e larghe, tirate senza dubbio a mano, con un sugo semplice semplice di pomodorini freschi e quel tocco di ricotta forte che solo chi l'ha provata può capire... un tocco giusto, non di quelli che ti san di pecora e che poi ti sovrasta tutto il piatto. Insomma, un primo buono e terrone, giusto per godere dei sapori semplici, in fin de' conti fatto di farina ed acqua, pomodori, poco formaggio e buon olio extravergine.
L'altro primo è il superclassico Fave nette cu le cicureddhe (Fave e Cicoria). Che buono questo piatto facile facile, un piatto che più vegetariano non si può, con quella purea che va a nozze con le cicorie di qui, condito di un sol filo di olio a crudo. Che te ne faresti un bis senza passare dal Via!.
Ecco, tutto ottimo il cibo, vorrei solo dire che al Sud noi polentoni ci aspettiamo anche quell'accoglienza da manuale da parte degli amici meridionali e che qui a dire il vero è un pò mancata, i camerieri freddini e poco sorridenti, addirittura seccati son sembrati. Peccato, perchè l'esperienza culinaria valeva come si suol dire il prezzo del biglietto.
Si finisce con i dolci, lo spumone tipico leccese che non avevo mai provato, forse perchè pensavo fosse un banale semifreddo come tanti. Qui mi devo ricredere perchè la base di pan di spagna e nocciole tritate crea quel contrasto morbido-croccante che, unitamente alla materia prima di qualità rende il dessert davvero buono.
La mia compagna opta per una Torta di mele con pasta di mandorle e marmellata a suo dire divina, tanto che la reazione non è lontana dalla Sally Albright del celeberrimo film...
Il caffè di chiusura per dover di cronaca è decisamente sotto la sufficienza, ci verrà comunque omaggiato.
Il totale in due è di euro 42.
Allora, ci sentiamo di consigliare Alle due Corti. Il cibo è buono, ci si sente davvero come a casa. Le preparazioni sono semplici, si possono davvero riproporre nella propria cucina. Un consiglio: sarebbe bello vedere la Signora De Carlo passare tra i tavoli. Certe volte il valore aggiunto lo fanno le persone ed il buon cibo non basta...
Seduti in una saletta dalle belle volte in pietra e calce bianca, sfogliamo i tre menu: 1 cibo, 2 vino e 3 conserve e preparazioni della cuoca-guru Rosalba de Carlo, una sorta di dea ex machina la cui presenza sembra aleggiare sui coperti della trattoria.
Lei, gran Maestra della cucina salentina, promulgatrice della veracità autoctona, difenditrice delle Cicureddhe e dei Turcinieddhi, non disdegna le aule d'università nè l'e-commerce con l'oltreoceano, infatti c'è una linea 'alle due corti' con proditti acquistabili online.
Bello il menu scritto in salentino, lingua tanto arcana quanto affascinante, ovviamente tradotto in inglese e non in italiano, quasi a dire: al di là del Salento c'è il mondo intero.
Insomma, le proposte sono talmente consoni al nostro palato che ci vien difficile la scelta. Principiamo con Li Fritti te l'Uertu, piatto che nel menu compare con il simbolo del copyright, ma sarà per la ricetta o per la definizione? Hanno depositato davvero il marchio? Mah.
Bene, a detta della mia compagna che Salentina è, un fritto con i coglioni, così croccante che un fagiolino tira l'altro, che con gli anelli di cipolla ci si farebbe una infinita catena, che il raro finocchio sa proprio di orto anzi, d'uertu. Il fritto va via a brani dal piatto condiviso, senza transitare nei nostri piattini ma tutto con le dita, tant'è buono.
Via con i primi, qui abbiamo provato: Ricciareddhe cu li pummitori scattariciati. Anche qui le ricciareddhe son protette da Copyright. Si tratta di pasta tipo reginelle, spesse e larghe, tirate senza dubbio a mano, con un sugo semplice semplice di pomodorini freschi e quel tocco di ricotta forte che solo chi l'ha provata può capire... un tocco giusto, non di quelli che ti san di pecora e che poi ti sovrasta tutto il piatto. Insomma, un primo buono e terrone, giusto per godere dei sapori semplici, in fin de' conti fatto di farina ed acqua, pomodori, poco formaggio e buon olio extravergine.
L'altro primo è il superclassico Fave nette cu le cicureddhe (Fave e Cicoria). Che buono questo piatto facile facile, un piatto che più vegetariano non si può, con quella purea che va a nozze con le cicorie di qui, condito di un sol filo di olio a crudo. Che te ne faresti un bis senza passare dal Via!.
Ecco, tutto ottimo il cibo, vorrei solo dire che al Sud noi polentoni ci aspettiamo anche quell'accoglienza da manuale da parte degli amici meridionali e che qui a dire il vero è un pò mancata, i camerieri freddini e poco sorridenti, addirittura seccati son sembrati. Peccato, perchè l'esperienza culinaria valeva come si suol dire il prezzo del biglietto.
Si finisce con i dolci, lo spumone tipico leccese che non avevo mai provato, forse perchè pensavo fosse un banale semifreddo come tanti. Qui mi devo ricredere perchè la base di pan di spagna e nocciole tritate crea quel contrasto morbido-croccante che, unitamente alla materia prima di qualità rende il dessert davvero buono.
La mia compagna opta per una Torta di mele con pasta di mandorle e marmellata a suo dire divina, tanto che la reazione non è lontana dalla Sally Albright del celeberrimo film...
Il caffè di chiusura per dover di cronaca è decisamente sotto la sufficienza, ci verrà comunque omaggiato.
Il totale in due è di euro 42.
Allora, ci sentiamo di consigliare Alle due Corti. Il cibo è buono, ci si sente davvero come a casa. Le preparazioni sono semplici, si possono davvero riproporre nella propria cucina. Un consiglio: sarebbe bello vedere la Signora De Carlo passare tra i tavoli. Certe volte il valore aggiunto lo fanno le persone ed il buon cibo non basta...
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